Tramite questo speciale diario di bordo seguiremo regolarmente con immagini e brevi interviste il percorso di Martina e Michele. La rubrica è a cura di Carolina Lombardini.
30 Dicembre 2020
L’allestimento delle tue opere al Museo della Ceramica di Savona è lo stesso che ti eri immaginata?
Martina Brembati: È molto più bello! È un grande onore e un’esperienza bellissima vedere un mio lavoro esposto nel Museo della Ceramica. Rimane però un po’ l’amaro in bocca: per ora solo io e poche altre persone abbiamo potuto ammirare dal vivo le mie opere e quelle di Michele Guido inserite in questa splendida collezione. Non vedo l’ora che i Musei possano finalmente riaprire, ne abbiamo tutti un gran bisogno! Michele ed io abbiamo deciso di concentrare i nostri lavori nella sala dedicata al contemporaneo. In particolare, “Stormo” vive nella sala 14, quella dedicata agli artisti Arturo Martini e Agenore Fabbri. Entrando in questa sala si è accolti da intense figure femminili. Mi è venuto istintivo posare di fianco a esse due fischietti e li sono rimasti, come se loro stesse potessero un giorno animarli. La maggior parte dei pezzi è, però, a terra. Alcuni esemplari sono posti su basi che li rialzano creando del movimento, altri si guardano intorno incuriositi in attesa che qualcuno li possa un giorno suonare.
Ringrazio lo staff del Museo per la calorosa accoglienza e per aver messo a disposizione mia e di Michele la struttura museale. Ringrazio Dario Bevilacqua, Marco Tortarolo, Riccardo Zelatore, Michele Guido e Marcello Campora poiché è stato dialogando con loro che ho deciso dove e come allestire “Stormo”.
Foto: Marcello Campora
8 Dicembre 2020
Come immagini l’allestimento delle tue opere al Museo della Ceramica?
Michele Guido: Ogni spazio ha una sua trama nascosta; è come se fosse un vestito che circonda un vuoto.
Quando devo allestire un lavoro mi chiedo sempre come posso dialogare con quella trama, come la posso attraversare. In questo caso specifico, mi sono domandato: come si può creare un dialogo con le opere della collezione permanente e la sua stratificazione storica, visto che ci troviamo nel Museo della Ceramica? Le mie sculture e quelle di Martina saranno in totale più di 100 e avvolgeranno le opere della collezione come acqua intorno alle paline. Immagino la sala del contemporaneo, dove avverrà l’allestimento, come se fosse un campo di grano con alcuni papaveri sparsi qua e là.
4 Dicembre 2020
Come immagini l’allestimento delle tue opere al Museo della Ceramica?
Martina Brembati: Quando il curatore Riccardo Zelatore ha comunicato a Michele e me che la mostra avrebbe avuto luogo nella sala del Museo dedicata alle opere contemporanee e di design, ci è sembrata la scelta migliore. L’idea è quella di non svuotare completamente gli espositori in modo da creare un dialogo tra le nostre sculture e alcune opere della collezione. È anche un modo per ripercorrere la storia recente del Museo. Inoltre, Michele ed io dovremo cercare un equilibrio tra i nostri lavori. Non sarà semplice perché in totale avremo di fronte a noi più di 100 pezzi.Per l’allestimento delle mie opere, userò sia gli espositori presenti sia il pavimento per creare movimento. Sfrutterò il fatto che ogni fischietto sarà dotato di una base che li rialzerà da terra. L’immagine che vorrei ricreare con l’installazione “Stormo” è, infatti, quella di un’onda del mare. Quando la situazione lo permetterà, verrà organizzato anche un evento pubblico durante il quale 56 performer, entrando nella sala, prenderanno ciascuno un fischietto. Come un organismo vivente unico, i performer suoneranno i fischietti all’unisono sia nelle sale museali sia all’esterno del Museo, creando semplici coreografie ispirate ai movimenti degli stormi.
Foto: Marcello Campora
30 Novembre 2020
Come ti sei sentito a lavorare con la ceramica?
Michele Guido: Fra le varie tecniche che utilizzo per realizzare i miei lavori, sicuramente la ceramica è quella col grado più alto di soggettività. Richiede, più delle altre, un mio diretto rapporto con la materia. Il tempo che trascorre tra il prevedere cosa si realizzerà e l’azione del fare è quasi annullato: pensiero-mano-materia. Nell’esperienza albisolese c’è stata una settimana d’immersione totale nel lavoro. In pochi giorni, con l’aiuto dei ceramisti Dario Bevilacqua e Marco Tortarolo, sono state prodotte 56 sculture! Non ero abituato a questo tipo di serialità, ma solo in questo modo si riesce a entrare in confidenza con la materia. Non è per nulla semplice, ma plasmare l’argilla è sempre una bellissima esperienza. È come camminare scalzi nella sabbia: le impronte sono sempre diverse.
Foto: Marcello Campora
20 Novembre 2020
Come ti sei sentita a lavorare con la ceramica?
Martina Brembati: All’inizio avevo un certo timore, per così dire, perché la ceramica era un materiale totalmente nuovo per me. Ho provato poi una sensazione di febbricitante agitazione legata alla voglia di realizzare un progetto che poco prima era solo nella mia testa. Infine entusiasmo, stupore, gioia e profonda gratitudine nel momento in cui ho preso in mano il primo fischietto creato con e grazie ai maestri ceramisti con i quali ho lavorato nei mesi scorsi. Aspetto con ansia il giorno in cui potrò vedere le opere installate al Museo della Ceramica e poi nelle mani dei performer.
Foto: Marcello Campora
10 Novembre 2020
Lo sviluppo della situazione attuale come ha influenzato l’ideazione, la progettazione e l’esecuzione del tuo lavoro?
Michele Guido: Da sempre conduco un lavoro che vede la natura al centro della mia ricerca, quindi non mi sono minimamente sorpreso se da quasi un anno ci siamo incontrati con lei a livello planetario. La fase di esecuzione dei nostri lavori ad Albisola è avvenuta durante l’estate, quando la diffusione del virus era ancora bassa, e Martina e io ci siamo potuti spostare dalla regione Lombardia alla Liguria. Abbiamo quindi avuto la possibilità di lavorare a stretto contatto con i ceramisti Dario Bevilacqua e Marco Tortarolo nelle loro rispettive botteghe. La seconda fase, quella espositiva, forse avrà dei ritardi perché le nuove direttive prevedono la chiusura dei Musei. Personalmente non amo le mostre online! Si altera il rapporto opera-spazio-pubblico. La mostra è la mostra, la documentazione è documentazione.
31 Ottobre 2020
Lo sviluppo della situazione attuale come ha influenzato l’ideazione, la progettazione e l’esecuzione del tuo lavoro?
Martina Brembati: L’idea di “Stormo” è nata durante la quarantena. Già in fase di progettazione avevo ipotizzato, come luogo deputato all’azione finale, uno spazio aperto nelle vicinanze del Museo della Ceramica ossia Piazza Sisto IV. Mi aveva colpito la sua pavimentazione a scacchiera, una sorta di reticolo perfetto per posizionare i performer nel rispetto del distanziamento e delle misure anti-covid. Ho apprezzato tantissimo l’entusiasmo e l’appoggio che tutte le istituzioni coinvolte nel premio mi hanno dimostrato da subito: la Direttrice Tiziana Casapietra e il suo staff, il sindaco Ilaria Caprioglio, il curatore Riccardo Zelatore e il Lions Club Savona Host.
Sono grata agli artigiani Dario Bevilacqua e Marco Tortarolo per la cura con cui hanno realizzato ogni singolo fischietto e per la loro ospitalità, è stato magico lavorare insieme durante questi mesi.
Sono consapevole che con l’evolversi della situazione globale, l’inaugurazione, la conferenza e la conseguente performance potrebbero slittare. Del resto penso che sia la soluzione migliore. Mi dispiacerebbe dover presentare il progetto a porte chiuse, in un Museo quasi senza pubblico e senza azione collettiva. La performance sarà un modo per coinvolgere la cittadinanza, un momento di condivisione, un fischio forte e liberatorio che si diffonderá nella città.
21 Ottobre 2020
Come è stato per te iniziare a lavorare in collaborazione con gli artigiani ceramisti?
Michele Guido: Anche se spesso il mio lavoro si serve di strumentazioni digitali, la fase finale si genera grazie alla sapienza della tradizione artigiana italiana. Negli ultimi anni ho avuto la fortuna di conoscere ceramisti molto bravi, come nel caso dell’esperienza Albisolese con Dario Bevilacqua e Marco Tortarolo, che fanno funzionare benissimo quell’ingranaggio che serve per trasformare il progetto in opera. Quando si entra in queste botteghe, è come entrare in un’architettura bizantina; il nostro problema è che se non s’investe sulle nuove generazioni, creando una rete tra le politiche, la didattica e gli artigiani dell’intero paese, nell’arco di pochi anni, gli artisti dovranno rinunciare a questo tesoro.
Foto: Marcello Campora
11 Ottobre 2020
Come è stato per te iniziare a lavorare in collaborazione con gli artigiani ceramisti?
Martina Brembati: Un’esperienza indimenticabile, una dimensione completamente nuova. “Stormo”, infatti, è la mia prima opera in ceramica e anche la mia più grande produzione. È una vera gioia veder nascere ogni singolo pezzo, apprezzare il tempo e la cura che i ceramisti Dario Bevilacqua e Marco Tortarolo ci dedicano, la pazienza e l’entusiasmo nell’illustrarmi le varie fasi del progetto. Nel laboratorio ogni cosa è affascinante: gli stampi, le terre, le loro mani al lavoro, la tavolozza di ingobbi, tutto è a mia completa disposizione. Insomma il paradiso per un artista. E poi la grande sorpresa: sentire il suono dei miei lavori, uno stormo di fischietti, propagarsi nello spazio, che meraviglia, già fantastico sulla performance finale!
Foto: Marcello Campora
1° Ottobre 2020
Qual è la tua idea di ceramica come mezzo artistico?
Michele Guido: Negli ultimi anni sto portando avanti diversi progetti in collaborazione con alcune botteghe ceramiche. Lavoro la terra perché le piante sono il focus principale della mia ricerca e loro la usano anche per crescere e per stare in equilibrio. Le dita delle mani plasmano la materia come se fossero delle radici che esplorano la terra. Sappiamo ormai che le radici delle piante corrispondono al cervello del genere animale.
21 Settembre 2020
Qual è la tua idea di ceramica come mezzo artistico?
Martina Brembati: La ceramica è per me una grande scoperta. Mi affascina l’idea di confrontarmi con un materiale umile, naturale, terrestre, totalmente riciclabile perciò eterno. Ma al contempo lo trovo fragile, profondamente umano, intriso com’è di storie e culture millenarie. Nel plasmarla, sento la sua primordialitá, un ritorno alle origini e all’essenziale.
Un elemento vivo, apparentemente domato eppure sempre imprevedibile, generatore di meraviglie continue dove le idee di un artista prendono forma incontrando mani esperte di artigiani.