Donato de’ Bardi -
1430-40 ca.
Crocifissione di Donato de’ Bardi
Uno spazio particolare, nell’ambito del percorso dedicato alle tavole e ai monumentali polittici dei secoli XV e XVI, è stato dedicato alla straordinaria Crocifissione di Donato de’ Bardi, un unicum nel panorama della pittura rinascimentale, già nota come Crocifissione di Savona.
La grande tela è stata allestita in un’apposita sala come mostra di un’unica opera.
La formazione figurativa di Donato de’ Bardi avviene a Pavia fra Tre e Quattrocento nel clima internazionale della corte viscontea, ma i suoi legami con la Liguria risultano molto precoci e già dal 1405. Tra il secondo e il quinto decennio del Quattrocento, ormai aggiornato sui più recenti esiti dell’arte fiamminga, Donato si afferma come protagonista del panorama artistico locale che, grazie ai rapporti marittimi e finanziari che legavano Genova e Savona ai grandi porti del Nord, era particolarmente attento alle esperienze figurative settentrionali.
Documentato per la prima volta nel Seicento nell’Ospedale San Paolo, il dipinto è stato forse originariamente realizzato per un più antico ospedale poi distrutto ed è entrato a far parte delle collezioni della Pinacoteca fin dalla sua costituzione, nel 1868.
Intensa e suggestiva, la scena con il Cristo crocifisso fra la Vergine, S. Giovanni Evangelista e la Maddalena sullo sfondo di un paesaggio coronato da monti innevati, è contenuta entro una finta cornice impreziosita da lettere d’oro.
Aggiornata sulle esperienze dell’Ars nova di Fiandra, soprattutto per quanto riguarda il valore fondamentale della luce che fa risaltare i colori, costruisce le forme, crea lo spazio e unifica la composizione, l’opera segna un altissimo punto di contatto fra il Rinascimento settentrionale e quello meridionale. La raffigurazione della realtà propria dell’arte fiamminga viene ricomposta grazie alla solidità strutturale e al rigore formale del linguaggio italiano.
La cornice è qui interamente dipinta a trompe-l’œil e si fa tramite fra mondo reale dello spettatore e mondo illusorio dell’immagine, secondo i modi del nuovo linguaggio fiammingo. La scritta con l’invocazione al Cristo riportata lungo i bordi invita lo spettatore alla devozione inducendolo a meditare sul drammatico episodio sacro e facendolo partecipare alla scena.
L’apporto della pittura fiamminga non è solo formale, ma anche tecnico, per il precoce uso della tela e del legante oleoso. L’opera è stata presumibilmente eseguita fra il 1430 e il 1440 su tela, supporto che in area italiana era destinato a gonfaloni processionali, ante di organi o cortine protettive per polittici. In questo caso l’uso di materiali preziosi, come le dorature e il lapislazzulo, e il cartiglio con la firma dell’artista confermano l’importanza, anche in origine, del dipinto.
Gli elementi fondamentali dell’Ars Nova – la concezione dello spazio interno ed esterno, la ricerca di un nuovo rapporto tra l’immagine e colui che osserva, l’uso di moderne tecniche esecutive- sono qui ben presenti. Donato esprime e si fa interprete di una pluralità di esperienze difficili da spiegare senza pensare a contatti diretti con i protagonisti dell’arte nordica, scambi e viaggi, già ipotizzati dallo stesso Federico Zeri.

Datazione: 1430-40 ca.
Artista: Donato de’ Bardi (documentato a Pavia, a Genova e a Savona dal 1402 al 1450/1451)
Tecnica: Olio e tempera su tela
Dimensioni: cm 238 x 165
Collocazione: Pinacoteca Civica di Savona (Sala 11)






