Ho evoluto diverse letture intorno alle Madonne protestanti da quando le ho realizzate a oggi. Il gruppo scultoreo ha preso forma senza un progetto determinato, ma si è conformato gradualmente e definito come conseguenza di soluzioni intraprese via via. La scelta del modello della Madonna di Civitavecchia è avvenuta tra altri modelli preesistenti, non per motivi simbolici ma per caratteristiche estetiche di particolare essenzialità che mi potevano essere utili nel processo trasformativo a cui volevo sottoporla.
Tutti questi presupposti avevano luogo nel 2018-2019 proprio perché mi trovavo all’EKWC (European Ceramic Work Center) in Olanda, un centro internazionale tecnologicamente avanzato per la lavorazione della ceramica in Oisterwijk, dove sono entrato grazie a una borsa di studio che ho ricevuto. Per la prima volta ho avuto la possibilità di stare in un FabLab con un tecnico specializzato, che mi ha introdotto all’uso della stampa 3D (in argilla e fibra), dello scanner 3D e del milling per la creazione di calchi in polistirolo.
Ho ingrandito così il piccolo prototipo di Madonnina con una scannerizzazione che ha sondato elettronicamente il volume, per poi passarlo alla stampante 3D in argilla, che con il nostro input ha ingrandito la Madonnina della dimensione desiderata. Era la mia prima esperienza d’elaborazione di una figura in 3D e ha rappresentato un cambio di passo significativo nel mio lavoro. Dal nuovo modello foggiato dalla stampante è stato poi fatto un calco in gesso, dal quale poi è cominciata la colatura della barbottina in grès foggiando fino a più di duecento esemplari, numero di cui è costituita l’intera installazione.
Ogni figura ottenuta dal calco ancora allo stato fresco è stata sottoposta a degli interventi plastici trasformativi che ho operato ricorrendo ad un’infinità di azioni manipolative che muteranno lo stereotipo seriale in un nuovo soggetto scultoreo. Una volta secche le statuine sono state “biscottate” a 1240 gradi Celsius e poi smaltate alla più bassa temperatura di 1100 gradi, secondo una tecnica ceramica che ho appreso all’EKWC con mio grande stupore e iniziale disappunto.
Il colore dello smalto è stato già la prima messa a fuoco di ciò che stava diventando l’idea definitiva che avrebbe assunto l’installazione. Avevo ormai razionalizzato che tutto era iniziato da un modello di Madonna e trovandomi in terra di religione protestante di proposito usai il colore arancione degli Orange, casata regnante d’Olanda, e non feci altro che mettere le due cose insieme. Così nacquero le Madonne protestanti. Di per sé un assurdo iconografico, un ossimoro, ma nella sua quasi blasfemia ho trovato tantissimi spunti di lettura che riconduce il tutto a una conciliazione non impossibile muovendoci in un campo laico fuori da fondamentalismi.
Partiamo dall’idea di un’invenzione di una nuova figura, in precedenza non esistente: la Madonna protestante. I protestanti hanno una visione diversa della Madonna, sicuramente non le attribuiscono quel potere e quel culto che i cattolici le riservano. Ci sono dubbi sui dogmi mariani della verginità perpetua, dell’Immacolata Concezione e dell’Ascensione, ma la ritengono comunque la più umile e indiscussa serva del Signore e madre di Cristo. Si ha l’idea di una Madonna più terrena, fuori dalla perfezione ideale di Vergine origine del miracolo della creazione divina che anche solo come ipotesi possibile può avere luogo nella realtà, alla quale mi piace credere.
Giocando un po’ con le parole, le madonne che protestano, come donne ribelli non-madonne, le Mad-donne, memori delle madri folli di Arturo Martini e di Fontana, con tutti i fori, tagli e attraversamenti di dimensione che proiettano le madonne protestanti in un infinito spaziale e temporale.
Inoltre, come interpretazione storica della furia iconoclasta protestante durante le guerre religiose del XVI secolo, in cui le immagini sacre nelle cattedrali olandesi, che io ho visto, venivano deturpate per non cadere nell’idolatria di cui accusavano i cattolici.
Così, le Madonne protestanti passano dal gesto di sfregio al gesto di pietosa sofferenza che esprime la Madonna dei sette dolori dove la Vergine assume su di sé, come il figlio, i peccati del mondo e le sue piaghe. Oppure, infine, le Madonne protestanti si presentano come un rinnovato e inesauribile gesto creativo, liberatore di energie salvifiche e di metafore senza limiti mentali o religiosi che sarebbero un freno alla loro naturale comprensione.
Paolo Porelli
L’installazione fa parte della mostra Ho visto la Madonna!, in scena dal 17 marzo al 15 maggio al Museo della Ceramica di Savona.
Dopo essersi diplomato all’Accademia di Belle Arti di Roma entra in un periodo di sperimentazione che lo porterà alla ceramica con la quale giungerà ad una ricerca personale che individua una figura antropomorfa con la quale fornisce l’accesso a una dimensione archetipica della realità, interpretando i comportamenti critici dell’uomo contemporaneo e le loro conseguenze sull’ambiente.
Le figure esprimono la condensazione di un linguaggio visivo contaminato da soluzioni surrealistiche, proliferazione Pop e simbolismo arcaico. Amalgamando la memoria storico-artistica con il vissuto presente, configura un immaginario rappresentativo di una mitologia ipotetica dei nostri giorni.
Porelli ha partecipato a residenze d’artista e conferenze in America, Cina ed Europa, tra cui The Clay Studio e Archie Bray negli Stati Uniti, Jingdezhen International Studio e Blanc de Chine ICAA in Cina, EKCW nei Paesi Bassi e Woodman Family Foundation in Italia. Ha esposto in mostre personali e collettive in Italia e all’estero (Cina, Corea del Sud, Belgio, Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Spagna e USA). Nel 2012, insieme alla storica dell’arte americana Lori-Ann Touchette, ha fondato C.R.E.T.A. Rome, un centro internazionale della ceramica. Nel 2021 è stato eletto membro dell’Accademia internazionale della ceramica.