A tu per tu con Jorge Hernandez
26 Giugno 2018
Intervista a cura di Roberto Costantino
Istituto Ligustico di Patafisica Contemporanea
Ci muoviamo su questo territorio di antica tradizione ceramica dove ancora vivono queste vespe vasaie che ho avuto modo di conoscere grazie a te e alla tua bella collezione di ceramiche.
Quando ho conosciuto le vespe vasaie e ho notato queste celle di argilla, il loro habitat, ho pensato che sarebbe stato bello cuocerle. Ma ho iniziato a prelevare queste incubatrici dal loro ambiente dopo che le vespe vasaie erano cresciute e le avevano abbandonate. Solo allora le ho messe nel forno, portando la temperatura di cottura a mille gradi, così come sono solito fare con le ceramiche.
Per dirla con i metodi di classificazione della critica d’arte, il tuo gesto mi fa venire in mente il readymade di Marcel Duchamp. Nel tuo caso però, si tratta di un oggetto prelevato dalla natura a cui segue la sua trasformazione attraverso la cottura.
La prima volta che ho messo a cuocere questi nidi, ho avuto paura che si rompessero. Però, per fortuna, queste celle sono costruite a regola d’arte, senza bolle d’aria fra un “colombino” di terra e l’altro, e questo evita che esplodano nel forno. In ogni caso, cuocio questi nidi per preservarli e renderli meno fragili.
Le vespe vasaie costruiscono nidi di terra in luoghi protetti e ombreggiati come le soffitte, ma anche nelle nostre librerie o cassetti di armadi. Per sopravvivere devono tenere nascoste al nostro sguardo le loro architetture.
Gli ultimi nidi di argilla che ho trovato erano aggrappati alla fodera interna di una giacca invernale che avevo lasciato in cantina.
Jorge Hernandez, Le vespe vasaie di Albisola. Terracotta. Foto: Fulvio Rosso. Courtesy Istituto Ligustico di Patafisica Contemporanea.
Per costruire i nidi in cui far crescere la propria progenie, le vespe vasaie di Albisola usano la terra del nostro territorio. È davvero un piacere rivedere utilizzato, grazie alle vespe vasaie e alla tua collezione, il materiale che un tempo usavano i nostri antenati ceramisti. Le tue amiche vespe, dove si riforniscono di argilla.
Abitavo ad Albisola Superiore, vicino al fiume Sansobbia e le vespe vasaie ancora oggi vanno a prendere l’argilla in riva al fiume, in quelle cave dove un tempo andavano a recuperarla i ceramisti. Questo tipo di vespe condivide con noi l’uso dell’argilla per costruire.
Le vespe vasaie raccolgono la terra cruda e con la propria saliva la rendono malleabile fino a produrre anche la cosiddetta “barbottina”, un legante liquido di consistenza cremosa che anche i ceramisti ottengono abitualmente impastando l’argilla con l’acqua e che viene usata per unire pezzi di una stessa opera lavorati separatamente. Il secondo atto a cui le vespe vasaie danno luogo è propriamente costruttivo, adottando una tecnica di costruzione che ancora oggi si insegna nelle nostre scuole di ceramica, la tecnica della “colombina” che consiste nel modellare alcuni “salamini”, i cosiddetti colombini, e nell’attaccarli uno sull’altro premendo la creta. Terzo punto, a ben guardare, questi nidi sono caratterizzati anche dalle volte a botte, ovvero lo stesso tipo di architettura che noi uomini adoperiamo da millenni per ottenere delle coperture non piane. Cos’altro hai imparato, in quanto ceramista, dalle tue amiche vespe?
La vespa vasaia non si limita a mescolare la terra con la saliva, perché avrebbe bisogno di una quantità di saliva enorme. La vespa seleziona l’argilla, raccoglie una terra che ha già un tasso di umidità molto elevato, crea una palla con le zampe e la trasporta dove deve. Poi inizia a costruire nidi dalla forma modulare. La forma è indotta dalle possibilità del materiale e quindi è ridotta alla sua essenzialità, dettata anche dai contesti costruttivi contingenti. Inoltre, questa forma modulare si adatta perfettamente alle larve che i nidi dovranno contenere e di cui sembrano dei calchi. In ogni caso si tratta di moduli e le vespe vasaie molto spesso creano delle strutture modulari, simili alle nostre casette a schiera.
Jorge Hernandez, Le vespe vasaie di Albisola. Terracotta. Foto: Fulvio Rosso. Courtesy Istituto Ligustico di Patafisica Contemporanea.
Queste vespe fanno tutto da sole, non praticano la divisione del lavoro. Al contrario, la vespa vasaia assomiglia a quella figura di artigiano, messa a fuoco da alcuni storici delle arti applicate, che si rende artefice di ogni singolo aspetto del progetto, al di là di ogni differenza fra lavoro manuale e lavoro intellettuale. Queste vespe solitarie sono al tempo stesso artigiani e architetti. Questo è quanto più apprezzo del loro modo di lavorare. Cosa mi dici in proposito?
Stavo cercando di ragionare come se fossi una vespa vasaia: nasco e ho la priorità di cercare la materia prima per costruire nuovi nidi. La missione è questa: trasferire di generazione in generazione il modo di sopravvivere.
I nidi di terra delle vespe vasaie molto spesso formano una serie di moduli che vanno a costituire una struttura che può raggiungere le dimensioni di un pugno. Dopo la costruzione di una cella, la femmina cattura dei ragni, li paralizza pungendoli con il suo veleno e poi li inserisce nel nido. Successivamente deposita un’unica larva e sigilla la cella con la barbottina. Dopo aver deposto nei nidi anche questi ragni, fonte nutrimento delle larve, la vespa se ne va e lascia che le larve crescano autonomamente, fino a poter uscire. E una volta che le vespe ne sono uscite, tu inizi a conservarli questi nidi.
In questo caso, come altri artisti, mi sento un collezionista. Mi è piaciuta l’idea di conservare questi nidi sapendo che erano stati costruiti dalle vespe. Il collezionismo è un modo di ordinare e prendersi cura delle cose che ci appassionano. I nidi non sono passati inosservati ai mie occhi e ho creato una collezione coerente, esclusiva, di soli nidi.
Jorge Hernandez, Le vespe vasaie di Albisola. Terracotta. Foto: Fulvio Rosso. Courtesy Istituto Ligustico di Patafisica Contemporanea.
Sei venuto dalla Colombia ad Albisola per fare ceramica e, insieme per molti anni abbiamo lavorato per realizzare prototipi, per artisti e architetti come Andrea Branzi, Michelangelo Pistoletto, Franco Raggi, Giuseppe Chiari, Alberto Garutti, Loris Cecchini, Martì Guixé, Florence Doleac e Corrado Levi. Ma ora, lavori da tempo con le vespe vasaie. Fai fare alle vespe quello che vogliono, oppure ti è capitato di modificare la morfologia delle loro architetture?
Prendo i nidi e li lascio tali e quali. Ma ho deciso di cuocere i nidi anche per farli conoscere. La vespa vasaia ci ridimensiona, ci cala in un ordine di grandezza più realistico, assolutamente salutare. Non penso che le vespe abbiano imparato da noi: è più probabile che siamo stati noi uomini ad aver preso esempio dalle loro architetture. Poi, le vespe vasaie mi hanno fatto notare meglio i diversi tipi di terra del territorio. Ho anche trovato dei nidi fatti con due o tre tipi di argilla, fra cui ho riconosciuto una mia terra bianca già semilavorata e di cui hanno approfittato. Insomma, le vespe vasaie testano la terra e selezionano quella che è umida al punto giusto per i propri scopi.
Roberto Costantino, Presidente dell’Istituto Ligustico di Patafisica Contemporanea, è critico d’arte, curatore e giornalista