26 Giugno 2018
Quando ho conosciuto le vespe vasaie e ho notato queste celle di argilla, il loro habitat, ho pensato che sarebbe stato bello cuocerle. Ma ho iniziato a prelevare queste incubatrici dal loro ambiente dopo che le vespe vasaie erano cresciute e le avevano abbandonate. Solo allora le ho messe nel forno, portando la temperatura di cottura a mille gradi, così come sono solito fare con le ceramiche.
La prima volta che ho messo a cuocere questi nidi, ho avuto paura che si rompessero. Però, per fortuna, queste celle sono costruite a regola d’arte, senza bolle d’aria fra un “colombino” di terra e l’altro, e questo evita che esplodano nel forno. In ogni caso, cuocio questi nidi per preservarli e renderli meno fragili.
Gli ultimi nidi di argilla che ho trovato erano aggrappati alla fodera interna di una giacca invernale che avevo lasciato in cantina.
Jorge Hernandez, Le vespe vasaie di Albisola. Terracotta. Foto: Fulvio Rosso. Courtesy Istituto Ligustico di Patafisica Contemporanea.
Abitavo ad Albisola Superiore, vicino al fiume Sansobbia e le vespe vasaie ancora oggi vanno a prendere l’argilla in riva al fiume, in quelle cave dove un tempo andavano a recuperarla i ceramisti. Questo tipo di vespe condivide con noi l’uso dell’argilla per costruire.
La vespa vasaia non si limita a mescolare la terra con la saliva, perché avrebbe bisogno di una quantità di saliva enorme. La vespa seleziona l’argilla, raccoglie una terra che ha già un tasso di umidità molto elevato, crea una palla con le zampe e la trasporta dove deve. Poi inizia a costruire nidi dalla forma modulare. La forma è indotta dalle possibilità del materiale e quindi è ridotta alla sua essenzialità, dettata anche dai contesti costruttivi contingenti. Inoltre, questa forma modulare si adatta perfettamente alle larve che i nidi dovranno contenere e di cui sembrano dei calchi. In ogni caso si tratta di moduli e le vespe vasaie molto spesso creano delle strutture modulari, simili alle nostre casette a schiera.
Jorge Hernandez, Le vespe vasaie di Albisola. Terracotta. Foto: Fulvio Rosso. Courtesy Istituto Ligustico di Patafisica Contemporanea.
Stavo cercando di ragionare come se fossi una vespa vasaia: nasco e ho la priorità di cercare la materia prima per costruire nuovi nidi. La missione è questa: trasferire di generazione in generazione il modo di sopravvivere.
In questo caso, come altri artisti, mi sento un collezionista. Mi è piaciuta l’idea di conservare questi nidi sapendo che erano stati costruiti dalle vespe. Il collezionismo è un modo di ordinare e prendersi cura delle cose che ci appassionano. I nidi non sono passati inosservati ai mie occhi e ho creato una collezione coerente, esclusiva, di soli nidi.
Jorge Hernandez, Le vespe vasaie di Albisola. Terracotta. Foto: Fulvio Rosso. Courtesy Istituto Ligustico di Patafisica Contemporanea.
Prendo i nidi e li lascio tali e quali. Ma ho deciso di cuocere i nidi anche per farli conoscere. La vespa vasaia ci ridimensiona, ci cala in un ordine di grandezza più realistico, assolutamente salutare. Non penso che le vespe abbiano imparato da noi: è più probabile che siamo stati noi uomini ad aver preso esempio dalle loro architetture. Poi, le vespe vasaie mi hanno fatto notare meglio i diversi tipi di terra del territorio. Ho anche trovato dei nidi fatti con due o tre tipi di argilla, fra cui ho riconosciuto una mia terra bianca già semilavorata e di cui hanno approfittato. Insomma, le vespe vasaie testano la terra e selezionano quella che è umida al punto giusto per i propri scopi.
Roberto Costantino, Presidente dell’Istituto Ligustico di Patafisica Contemporanea, è critico d’arte, curatore e giornalista